Democrazia e Lavoro

Nilde Iotti, parlamentare dal 1946 e Presidente della Camera dei Deputati tra il 1979 e il 1992, nella premessa al libro curato da Renato Zangheri, pubblicato nel 1990 e dedicato alla storia del Primo Maggio, propone una serie di riflessioni sul lavoro, il suo valore e il suo significato nella storia degli ultimi due secoli. Ne proponiamo un breve stralcio, nella convinzione che i temi trattati siano ancora di grande attualità. «Uno dei grandi temi della storia moderna a partire dalla fine del secolo scorso è certamente quello che è stato definito “la questione sociale”. L’uomo e il suo lavoro divengono infatti, per lo sviluppo delle forze produttive, della scienza e della tecnica, elementi centrali e problematici dello stesso processo economico. Gli economisti classici insegnavano che il lavoro costituiva un fattore della produzione: ma dietro al lavoro c’era l’uomo, la sua intelligenza, la sua storia, le sue passioni. Lo Stato e l’ideologia liberale tentarono di ricercare un equilibrio ed una unità intorno al concetto base del cittadino pro- 2 4 prietario e quindi imprenditore che agiva in un regime di libera concorrenza. Da questa concezione discendevano conseguenze tra loro collegate riguardanti anzitutto i fini assegnati allo Stato, consistenti nella tutela della libertà e proprietà dei privati; inoltre nel riconoscimento dei diritti politici e del voto a chi era in possesso di particolari requisiti di censo o di cultura capace dunque di sottrarsi a “interessi particolaristici” (i “ben pensanti” a fronte dei lavoratori, privi nella quasi totalità del diritto di voto); ed infine nel divieto di ogni forma di intermediazione, di organizzazione comunitaria tra i singoli e lo Stato, considerata di ostacolo al rapporto di immediatezza che deve collegarli. È ben noto come questo tipo di equilibrio contenesse in sé il germe della propria dissoluzione. Lo sviluppo del sistema produttivo si evolveva in una direzione che contraddiceva il principio concorrenziale e dava vita a concentrazioni di carattere monopolistico che agivano anche come potenti forze di pressione sullo Stato. Per effetto stesso delle concentrazioni industriali si sviluppò una larga fascia di lavoratori sottoposti ad un regime di lavoro e di salario inumano, regime che fu la causa del formarsi di una coscienza di classe che ricercava nell’associazionismo, dalle prime leghe ai sindacati, e nella lotta, dalla manifestazione allo sciopero, le armi per il superamento di una condizione di inferiorità e di ingiustizia. Si determina così una radicale modificazione dell’intero sistema dei rapporti costitutivi dell’ordine politico e sociale, tale da provocare la rottura della 3 5 preesistente unità e l’instaurarsi al suo posto del conflitto sociale. Alla base di questo rivolgimento storico sta una diversa concezione dell’individuo, all’astratta figura del cittadino indifferenziato si sostituisce quella dell’essere reale, visto nella concretezza dei suoi bisogni che ricercano nuovi strumenti per distribuzione tra ceti e classi dei beni essenziali per la vita. Queste modificazioni sono anche il frutto di grandi rivolgimenti ideali che aprono alla storia una prospettiva nuova, con i temi della democrazia e del socialismo. Si affacciano nella vita del paese nuove organizzazioni: i partiti politici di massa che cambiano qualità e regole della politica. Si mette in movimento anche una grande forza spirituale: la Chiesa cattolica. Essa inizia una riflessione sul rapporto tra i valori religiosi e le concrete condizioni umane sostenendo i diritti essenziali, per il rispetto e la dignità della persona. Anche sul terreno delle lotte sociali si sviluppano culture e tradizioni che diverranno proprie del movimento dei lavoratori. Valori, simboli, parole, comportamenti, acquistano carattere emblematico di un messaggio politico che trascende il contingente e si pone su un piano generale di lotta per l’emancipazione e l’eguaglianza. Fra questi fatti simbolici va ascritta l’adozione della data annuale del Primo Maggio fissata come festa del lavoro dal congresso costitutivo della Seconda Internazionale tenutosi a Parigi nel luglio 1889. Il Primo Maggio sarà da allora in poi per le masse lavoratrici un’occasione di manifestazione e di lotta per far sentire la propria voce, mentre per le forze politiche moderate del nostro paese, il giorno 4 6 della grande paura a causa del suo significato di protesta. […] perché il Primo Maggio sia inserito tra le ricorrenze festive riconosciute dallo Stato bisognerà attendere il decreto legge luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946. Il tremendo travaglio della seconda guerra mondiale rappresentò la fonte di un generale rinnovamento costituzionale che alle tradizionali garanzie di libertà andò progressivamente accomunando – sia pure nei vari Paesi in maniera diversamente intensa – le garanzie sociali che avevano cominciato ad apparire per la prima volta nella Costituzione di Weimar. È così che in tutte le Costituzioni del dopoguerra si ravvisano questi elementi nuovi, costanti e caratteristici: il cittadino è considerato anche nella sua qualità di membro di comunità politiche, economiche e sociali o in quanto svolge un’attività socialmente rilevante; ed in tali sue specifiche qualità, nuovi diritti gli vengono riconosciuti e nuove garanzie gli vengono attribuite. Ma soprattutto quello che più conta è il fatto che si riconosce che non può esserci una vera democrazia se non è assicurata a tutte le componenti della società […] la effettiva partecipazione alla formazione del generale indirizzo politico sostanziale. E poiché l’avvento di una vera democrazia formale e sostanziale non può aversi se non vengono rimossi gli ostacoli che impediscono a larghe aliquote di cittadini ed in particolare di lavoratori il pieno godimento dei diritti e delle libertà a tutti in astratto garantite, è caratteristica delle nuove Carte Costituzionali 5 7 anche la previsione dell’impegno dello Stato e del legislatore per le riforme sociali, per la redistribuzione dei mezzi di produzione o delle fonti di reddito, per più eque imposizioni fiscali. In questo contesto va considerata la solenne affermazione dell’art. 4 della nostra Costituzione sul diritto al lavoro, con un obbligo di grande portata allo Stato legislatore. Il tema della lotta alla disoccupazione come dovere dei pubblici poteri entra nell’ordinamento costituzionale e diventa una delle pagine più travagliate della storia dell’Italia contemporanea. […] »